Una delle suggestioni che in questo 2021 spesso torna a rimbalzare è quella di ritornare ad un campionato nazionale unico dove siano riammesse le WRC. Una tesi che da una parte raccoglie chi ha un diretto interesse e dall’altra un pubblico di puri appassionati, interessati allo spettacolo di una WRC e non certo alle controindicazioni di una vettura più performante.
Nei giorni passati quando si è parlato dei progetti federali per le serie tricolore i fautori di una sola serie in più di una occasione hanno dato indicato una soluzione con tutti dentro, ma in realtà l’equilibrio che alcuni decantano tra le WRC 2016 (versioni precedenti incluse) e le R5 o Rally2, che dir si voglia, è ancora sbilanciato in maniera sensibile a favore delle prime. Nel CI WRC oppure nell’IRCup da un paio di stagioni le R5 sono arrivate a giocarsi il titolo, ma in realtà il fenomeno merita un approfondimento che va oltre alla faciloneria con la quale vengono gonfiati i miglioramenti di performance delle R5; notevoli, in grado di fare meglio rispetto alla prima generazione di R5, ma il regolamento tecnico è sempre quello e nessuno ha messo le ali alle proprie vetture. Mentre le WRC anno dopo anno sono invecchiate, telai e meccaniche più stanche, per alcuni modelli sono venuti meno i ricambi, così il plotone ha perso inevitabilmente dei numeri. Qualche WRC al top è rimasta ma la manutenzione da manuale costa e così la forbice economica ha convinto i più a fare un passo indietro. Poi non bisogna dimenticarsi che chi è riuscito a fare saltare il banco contro le WRC risponde a nomi come quello di Rossetti, contrapposto a gentleman di spessore ma pur sempre gentleman. Oggi e negli ultimi anni il CIR ha sempre proposto sfide a tre o quattro pretendenti, ma se il campionato aprisse alle WRC, ed un Rossetti decidesse di passare al volante di una world rally car non ci sarebbe storia. Così nel giro di una o due stagioni non ci sarebbero più concorrenti, perché con i costi di una stagione nessun pilota o investitore parte per lottare per le posizioni di rincalzo. L’esempio dei reali equilibri di questo confronto tra vetture di raggruppamenti differenti lo ha dato Pech al Barum; il forte pilota della repubblica Ceca con una Ford Focus 2006 tirata a lucido, nelle prime speciali si è battuto alla pari con Kopecky e Mikkelsen. Vàclav non è certo l’ultimo arrivato ma tenere il passo di due Fabia ufficiali, come quelle di Kopecky e Mikkelsen, con un modello che tra una manciata di anni potrebbe rientrare nel registro delle auto d’epoca la dice lunga sulle prestazioni delle WRC. Figuriamoci se al posto di una Focus ci fosse stata una Citroen C4 (ovviamente prima che la DS3 WRC passasse al reparto clienti e di colpo le sue performance venissero meno) avrebbe bacchettato tutti in una maniera ancora più umiliante. La giusta dimensione delle vecchie WRC è giustamente all’interno di quella che sarà la nuova seconda divisione tricolore (il nuovo CI WRC), serie dedicata a gentleman e piloti amatoriali.