Con il Prealpi Master Show è andato in scena il secondo atto del Raceday, i numeri hanno dato ragione come sempre agli organizzatori Trevigiani, ma il clima di festa che fa da sfondo alla gara ideata dal “Griso” non è bastato a coprire la crisi identitaria del Raceday, costretto a contrastare l’invasione di campo di un CIRT a chilometraggio ridotto.
La gara Trevigiana è sicuramente quella che è rimasta più fedele alle origini del Raceday, con il suo format di gara Ronde della prima ora, quattro passaggi di fila sullo stesso tratto cronometrato. Una scelta discutibile almeno sulla terra dove il fondo inevitabilmente degrada, ma che almeno si differenzia in maniera netta rispetto a tutte le altre gare. Tutti gli altri format tre per due, due per due, non sono poi così distanti dalle formule del CIRT, con la forbice del chilometraggio che in questi ultimi due anni si è ridotta ad una ventina di chilometri, troppo pochi per pensare a due prodotti realmente differenti. La pandemia e le sforbiciate che ne sono derivate sono però state un semplice acceleratore delle cose, la crisi di identità del Raceday è iniziata quando paradossalmente la serie, con il marchio del gommista milanese, ha teso la sua mano all’Italiano terra. Uno dei passaggi chiave nella resurrezione del campionato italiano rally terra, che da quei giorni si è presentato con un formato sempre più light, ed è tornato ad allargare la sua base di partecipanti. Con i numeri è anche arrivata la qualità che in questi ultimi due anni ci ha regalato un campionato con una dignità pari a quella del campionato maggiore. Ad inizio campionato Alberto Pirelli, deus ex machina del Raceday, ha spinto per un ritorno alle origini, nel tentativo di differenziare due serie oramai troppo simili, ed è quindi comprensibile il suo sfogo con il Val D’Orcia, passato alla serie tricolore. Ma a questo punto se il Raceday vuole risorgere e non trasformare questo momento di transizione in una malattia cronica, dovrà fare molto di più di un passo indietro, alla ricerca di quella differenza che con il CIRT di oggi non c’è più. Il futuro non è fare un passo indietro ma fare un grande sforzo per estrarre dal cilindro qualcosa di realmente nuovo, che può anche comprendere una rivisitazione del passato, ma in una chiave completamente differente, o meglio attuale.