DAKAR, NAVIGAZIONE O COMPLOTTI?

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Il trappolone di Castera, domenica ha fatto fare un bel giro tondo nel deserto ad una cinquantina di concorrenti, ma quasi inevitabilmente ha fatto gridare molti al complotto arabo. Ma la storia è la stessa dell’anno passato, con delle nuove regole che hanno riportato al centro la navigazione, quella che soprattutto gli ex-rallysti faticano a digerire.

Dopo il pesante sfogo di Sainz, che non ha fatto altro che concedere il bis dell’anno passato, prima perdendosi e poi inveendo contro l’organizzazione, per un presunto errore sul road book oltre al solito accento sull’abuso di navigazione. A differenza dalla passata stagione, il maggiore beneficiario è stato Al Attiyah (allora era in coppia con Peterhansel), così a qualcuno è venuta la brillante idea di mettere in fila la nazione ospitante l’Arabia Saudita, Nasser Al Attiyah (dimenticandosi che il Qatar è in rotta con il resto della penisola) e ciliegina sulla torta Ben Sulayem, nuovo presidente della FIA. In realtà dopo undici anni di Sudamerica con un percorso più affine ai rally che ai raid, nei deserti dell’Arabia la navigazione è ritornata al centro della gara, come è sempre stato nelle versioni africane. Inoltre, il cambio di regolamento introdotto l’anno passato, di consegnare il road book della tappa pochi minuti prima della partenza ha messo fuori gioco la possibilità di studiare la tappa al tavolino. Con un evidente vantaggio per le squadre ufficiali con maggiore personale qualificato in grado di aiutare gli equipaggi, che invece ora devono sbrigarsela da soli. Questo però non significa forzatamente scaricare la colpa sul navigatore, anzi diventa centrale la capacità del pilota di fare equipaggio e dare il tempo a chi è sul sedile di destra di orientarsi nei passaggi più critici. Un esercizio che Peterhansel e Roma hanno acquisito nei loro trascorsi sulle due ruote, mentre Al Attiyah nato sulle quattro ruote ha fatto suo con anni di esperienza nel cross country, che non è solo Dakar. La navigazione è una delle tante facce dei raid particolarmente indigesta a chi è abituato a correre con le note, che sui tracciati del Sudamerica era decisamente più a suo agio. Il passaggio al fianco di Loeb del Belga Fabian Lurquim, un esperto di deserto ha già dimostrato i primi effetti benefici sulla corsa del nove volte iridato, anche se sul passo probabilmente c’è ancora da lavorare perché le doppie forature di domenica e martedì non possono essere liquidati come episodi sfortunati.

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