Il CIAR, alla francese, ovvero senza gare su terra ha sollevato molte polemiche, ma nessuno (Valtiberina a parte) si è fatto avanti con delle proposte adeguate o meglio proponendo percorsi che possano andare oltre gli striminziti chilometraggi attuali. Una sfida che l’Adriatico ha fatto sua trasferendosi a Urbino, dove è possibile dare più respiro al tracciato.
In questi ultimi anni si è assistito ad una sorta di paradosso, dove tutti a gran voce continuano a invocare un ritorno a chilometraggi più importanti, ma al tempo stesso volevano più terra all’interno dell’italiano, mentre sulle strade bianche oggi si fa fatica a mettere assieme ottanta, cento chilometri di prova speciale. L’unica gara che sino ad oggi non ha mai fatto mistero di volere e potere fare qualcosa di più è stato il Valtiberina, obbligata però al compitino perché imbrigliata dai format e dai limiti imposti ai rispettivi campionati. Tutti gli altri sino ad oggi si sono adeguati verso il basso, ostaggi di veti sui permessi, dei costosi ripristini e di elenchi iscritti che si impoveriscono con l’aumentare dei chilometri. Oggi alla gara Aretina si è però aggiunto anche l’Adriatico targato PRS Group (la struttura che negli anni più complicati della terra è riuscita a tenerla a galla). Visto che nella sua location classica nel maceratese tra Cingoli e Jesi, dare respiro al suo percorso diventava sempre più complicato Oriano Agostini ha deciso di portare l’Adriatico ad Urbino, una delle perle marchigiane e dell’Italia intera. Una parte delle marche dove le strade bianche la fanno sempre da padrone, in maniera da creare i presupposti per ampliare il proprio tracciato senza troppi problemi, o trasferimenti improponibili, ed essere pronti a presentare delle serie candidature per riportare la terra nella massima serie tricolore. Il reticolo degli sterrati della provincia è in grado di garantire un chilometraggio da mondiale, compresa una prova che sfiora i trenta chilometri, quella che sarebbe stata una rarità anche per la leggendaria terra del Sanremo mondiale, dove le speciali rientravano tutte (o quasi) in una forchetta che andava dai dieci ai venti chilometri. Una mossa che pone delle serie basi per il ritorno della terra nella massima serie, con due possibili candidature all’altezza della serie maggiore. Una spinta fortissima verso un ulteriore passo in avanti della terra tricolore, del quale la federazione dovrà tenere conto in vista di un probabile dossier per il ritorno della terra nel CIR con delle basi finalmente solide.