Questi ultimi due fine settimana sono andati in scena molti campionati nazionali made in Europe, dove non si poteva fare a meno di notare i chilometraggi tendenzialmente ben più corposi del CIAR che dopo un timido passo avanti è ritornato subito indietro sulla fatidica soglia dei cento chilometri.
Il Toquet assieme al West Cork Rally in questo fine settimana hanno innescato le solite critiche sui chilometraggi e i palchi partenza di casa nostra, due argomenti che si intersecano ma riteniamo sia corretto tenere ben separati, perché sul numero degli iscritti influiscono anche una serie di variabili che poco hanno a che fare con i chilometraggi. Terminato lo stato emergenziale della pandemia, essere passati nel venti ventidue a centoventi chilometri è stato un passo misurato e dovuto, purtroppo a fine stagione è prevalsa la paura e probabilmente qualche spinta di troppo dettata da interessi personali. Così il CIAR al posto di fare un ulteriore passo in avanti ha fatto il passo del gambero, il tutto nel nome di un economia che non può giustificare una politica di continue retromarce. Trattandosi di serie nazionali la qualità del campionato è un mix tra il percorso e la qualità dei concorrenti, non c’è ne vogliano chi misura la qualità con la lunghezza degli elenchi iscritti, soprattutto nei campionati nazionali o internazionali, dove a fare notizia sono una decina di piloti a tenersi larghi, ed eventuali protagonisti dei trofei monomarca. Dalla parte del legislatore però c’è un errore di fondo abbastanza grave, sdoganato da quanto è successo nei due anni della pandemia. Uno stato di necessità che ha portato ad una drastica riduzione dei chilometri, pur di accorciare i tempi di una ripartenza, dove l’Italia volenti o nolenti ha saputo rispondere velocemente e bene. Lo stato emergenziale però è stato considerato da qualcuno come una normale risposta ai problemi, ma non si può pensare la risoluzione alle difficoltà a mettere assieme i budget campionato sia un’equazione dove per mantenere l’equilibrio basta tagliare. Così facendo si droga il mercato e basta, si rinviano i problemi nascondendo la polvere sotto il tappeto, ma o prima o poi bisognerà farci comunque i conti. Nessuna pretesa di chilometraggi stellari, ma sarebbe stato comunque un passo avanti in grado di dare un colpo al cerchio e alla botte, allargare la forbice tra il minimo e il massimo. Partendo dai famosi centoventi chilometri, si poteva abbassare il minimo a 110 e portare il massimo a 130, tornando a dare spazio alla fantasia e alla meritocrazia per gli organizzatori. Oggi sempre più appiattita, una sorta di invito alla mediocrità; la federazione deve tornare a guardare al medio termine e non solamente a domani; rischiando di perdere di vista il motorsport nel suo insieme a favore dell’interesse momentaneo di questo o quel campionato.