In molte occasioni le squadre finiscono sotto processo per dei peccati di affidabilità veniali, oppure per dei ritardi tecnici che rallentano i piloti di più sotto il profilo mentalmente. Ma gli errori imperdonabili sono quelli di una squadra, mezza spanna sopra la concorrenza, che sbaglia strategia, dove si intravede un concetto di squadra sbilanciato sui piloti.
Le spiegazioni a questo clamoroso scivolone della squadra, lo staff tecnico si è rifiutato di mettere sotto processo il sistema decisionale, l’errore è nato dall’immissione nel calcolo di dati rivelatisi sbagliati. Un sistema da rivedere, ma con un vizio di base grande come una casa la parola finale lasciata ai piloti. Un concetto valido nel cinquanta per cento delle occasioni, o meglio presumendo che dalle analisi emergono differenti soluzioni che si possono dividere in teoricamente ideali per fare la differenza e qualcuna più conservativa. Ma senza andare a sviscerare, quali erano i dati farlocchi e quindi un probabile imputato che non si vede ma c’è, e spesso sotto silenzio e nell’anonimato paga pegno. Il fatto che in una decisione presa la sera prima, quando tutti gli avversari hanno optato per partire con mezze hard e mezze soft, visti i tempi di uscita dal service c’era poco da fare, ma un correttivo sul passo gara dei piloti era il minimo sindacale. Ma indipendentemente dal fatto che la scelta si sia rivelata sbagliata, quando Pirelli ha ufficializzato le gomme dei vari concorrenti guardando la scelta di Kalle e Takamoto ci è venuta la pelle d’oca. Dalla quale era abbastanza evidente il peso sulla scelta dei piloti, ed una squadra che si limita a fornire indicazioni tecniche e non si capisce la mancanza di forza nell’intervenire quando è necessario. Clamorosamente la scelta più conservativa sono risultati gli sei pneumatici di Evans, che nel mirino aveva Suninen e Tanak, il primo abbordabile il secondo molto meno anche se il ritardo era di soli 12”. Cinque gomme in questo caso erano una scommessa per andare a prendere qualcosa in più di una sola posizione, con oltremodo una mezza minutata di ritardo dalla lotta di testa. Una scelta inammissibile per un pilota che si sta giocando il mondiale con un bel vantaggio di punti sugli avversari; una foratura in più in una sezione di quasi ottanta chilometri lo avrebbe stupidamente appiedato. A quel punto doveva intervenire la squadra ed obbligarlo ad andare via con due scorte. Lo stesso discorso ma per ragioni opposte vale per Katsuta, rischiare la terza vettura che in quel momento non si giocava nulla, se non portare la vettura al traguardo è qualcosa di semplicemente impensabile. I piloti tutti è evidente gestiscono la loro corsa in toto, ma la squadra non sembra nemmeno in grado di pensare da squadra, una filosofia lontana anni luce dagli interessi del team, una visione distorta o quanto meno semplicistica di cosa succedeva in Volkswagen, dove non c’erano team order ma si giocava da squadra per la squadra.