Cambiare le regole del WRC oramai da mesi è diventata una priorità, ed in una sorta di attacco alla diligenza dove tutti gli attori in causa, stanno tirando la FIA per la giacchetta. In tanti portano ad esempio la Formula 1, ma poi si inciampa su delle regole basilari di immagine vedi le faraoniche strutture del service park allo sbaracco già dalla domenica mattina.
Da quando si è cominciato ad annusare il vento del cambiamento protagonisti, e addetti ai lavori, hanno improvvisamente cominciato ad accorgersi della caduta di interesse della disciplina, mediatica e locale (pubblico e territorialità). Un esempio lampante di questo fiorire di proposte sono le oltre ottanta proposte raccolte dalla commissione piloti, troppe e soprattutto viziate da interessi personali. Una delle maggiori fonti di ispirazione per attingere a nuove idee è la Formula 1, nulla di sbagliato mediaticamente parlando, almeno sino a quando non si cerca di scimmiottare sportivamente il grande Circus. Rally e Formula 1 sono due discipline differenti, copiando si perde il proprio DNA e nel migliore dei casi ci si trova in mano una brutta fotocopia della F1. Uno degli esempi maggiormente tirati in ballo per invocare il cambiamento è l’introduzione della sprint race del sabato. Difficile comprenderne il senso visto che sia in Formula 1 e in Moto GP si va a mettere un accento in più sul sabato, spostando interesse anche sul venerdì; in sintesi si va ad allungare gli eventi. Al contrario nei rally la maggioranza dei protagonisti invoca gare più concentrate, ed anche meno chilometri. Da parte delle squadre da una trentina di anni, esattamente da quando sono stati introdotti i percorsi a margherita, le Hospitality sono diventate sempre più grandi e sontuose. Belle e sfarzose ma sempre ad anni luce da quelle presenti sui circuiti. Una delle incongruenze più macroscopiche in tema comunicazione, ed immagine, è quella di un service park in smobilitazione appena le vetture lasciano l’assistenza della domenica mattina. Nessuno sembra avere mai visto un dopo gran premio, con le telecamere che per un paio d’ore si aggirano tra le ospitalità alla ricerca di tutti i protagonisti della gara. Nel WRC non solo si inizia a smontare tutto a gara in corso, ma finita la power stage si assiste ad un vero fuggi, fuggi, ad eccezione di chi per obbligo deve andare in conferenza, tutti gli altri sono in albergo, oppure in aeroporto. Eppure nei lontani anni novanta, quando alcune squadre avevano solamente dei motorhome, se questi partivano tra sala stampa e quartiere generale trovavi anche i piloti che usciti di scena prematuramente venivano a parlare con giornalisti e televisioni. Una rottura; in certe situazioni sicuramente; eppure quella generazione comunicava meglio di quanto si stia facendo oggi tra addetti stampa, all’immagine e social media manager. Per non parlare dei numerosissimi fans allora accalcati al C.O. della pedana finale, o al parco chiuso, per una parola o un autografo con i loro idoli, visto che allora il termine selfie non era ancora stato coniato.