Il disperato tentativo del calcio di provare a chiudere il campionato a porte chiuse è diventato una sorta di slogan che oggi risuona anche nell’automobilismo, soluzione che può sembrare una panacea ma propone retroscena tutt’altro che secondari, soprattutto sotto il profilo economico.
Innanzi tutto viene da sorridere quando i semplificatori parlano dell’applicazione di questo nuovo concetto che si è fatto avanti dall’inizio della pandemia in tutto il mondo dello sport. Senza una attenta valutazione di tutti i retroscena e le implicazioni economiche che stanno dietro la magica espressione “a porte chiuse”, è davvero ridicolo pensare a questa come una semplice rinuncia economica. Nei rally targati WRC si dovrebbe teoricamente partire dal Finlandia, una gara che da sempre è un enorme business per organizzazione, federazione e territorialità, e tutti i suoi pilastri si reggono proprio sulla biglietteria. Purtroppo il porte chiuse sulle speciali, a differenza di uno stadio, oppure di un luogo o parco ad accesso controllato, in molti casi richiede all’organizzatore uno sforzo ancora maggiore rispetto alla struttura che necessita l’accesso a pagamento. Con un probabile innalzamento dei costi a fronte di un azzeramento delle entrate, senza contare che anche in un paese dove i rally sono uno degli sport principe gli sponsor potrebbero ridurre in maniera importante il loro apporto. Ancora di più a fronte di un evento che sulle speciali, ma soprattutto ad Jyvaskyla, rappresenta un grande momento di aggregazione e quindi appetibile per investimenti promozionali, che andrebbero inevitabilmente a decadere. Una situazione che peserà non solo sulla gara Finlandese, ma anche su Galles e Germania due gare a pagamento, dove i biglietti del pubblico rappresentano una parte importante del budget. In molti casi però non si tratta solo di tirare la cinghia, ed adattarsi alle circostanze per andare avanti non guardando al profitto, ma di aprire delle voragini sui libri dei conti. Ma sarà ancora più interessante vedere cosa verrà richiesto in quei paesi come il nostro dove l’accesso del pubblico non è soggetto a controlli. Per come si è sviluppata la crisi sanitaria il rischio di avere regioni o addirittura prefetture che se ne vadano via con le più svariate richieste è un rischio molto concreto. Anche perché non trattandosi di luoghi chiusi bisognerà riuscire ad applicare il buon senso, che invece in Italia sempre più sovente si è schiantato contro la paura del prendersi delle responsabilità. Riuscendo a distinguere cosa possa essere o meno un assembramento (ed il distanziamento sociale), argomento destinato a fare discutere nella vita di tutti i giorni su mezzi di trasporto, oppure in spiaggia ecc..; figuriamoci nel mondo dello sport dove molti dei paladini della legalità, “altrui”, sono pronti a segnalare cosa non funziona. Ovviamente nel rispetto delle norme che verranno, nel senso più restrittivo del previsto. Il rischio di trovarsi di fronte a dovere garantire dei servizi simili a quelli di un controllo del pubblico, simile a quello delle gare a pagamento, potrebbe diventare un problema per dei budget già martoriati. In questo caso sarà molto importante, se non vitale l’intervento della federazione, per un intervento di carattere politico forte in grado incidere sulla uniformità delle norme e del loro buon senso.