L’obbiettivo di Inglostad alla Dakar era molto ambizioso, ed anche se qualcuno all’interno della casa dei quattro cerchi sognava forse troppo in grande, portare tre vetture al traguardo andando a vincere quattro tappe è un grandissimo risultato, che è andato ben oltre il debutto della Peugeot nel 2015, quando la casa del leone non riuscì a vincere nemmeo una tappa.
Prima della partenza, a inizio gennaio a crederci erano soprattutto i tedeschi, mentre tra gli avversari e addetti ai lavori la curiosità era tanta, ma forse in pochi credevano che l’Audi RS Q E-tron fosse in grado di ottenere la bellezza di quattro successi parziali. Uno in più dell’Hunter del Bahrain Raid Extreme, due in meno dello squadrone Toyota che è riuscito ad ottenere sei scratch. La competitività della vettura è emersa in maniera cristallina sino dalle prime speciali cronometrate, parallelamente però si è visto anche il tallone di Achille, la fragilità delle sospensioni. La caporetto della squadra tedesca aggravata da problemi di navigazione è arrivata già il secondo giorno di gara, con le tre vetture che sprofondano fuori dalla top ten generale. Ma da quel momento nonostante gli evidenti errori nell’avere tentato di recuperare il peso di batterie e motori elettrici, utilizzando un solo ammortizzatore per ruota, ed un intero gruppo sospensione più leggero che si è rivelato molto fragile le cose sono cambiate. Facendo tesoro di ogni chilometro di gara e mettendoci qualche pezza nella seconda parte della Dakar, le vetture di Inglostad hanno cominciato a dare un impressionante continuità alle loro prestazioni velocistiche, dimostrando la bontà del progetto. Tutta la componente hybrid dalla trasmissione elettrica, all’unità termica che alimenta la batteria non hanno manifestato problemi di rilievo. Dimostrando un grandissimo grado di competitività, tecnologicamente Audi e il gruppo Volkswagen sono andate ad estremizzare delle tecnologie sulle quali lavorano oramai da parecchio tempo. Gli inciampi sono arrivati quasi tutto dalla parte telaistica, quella dove ha operato la struttura di Quandt, che si è concentrato esclusivamente sul recupero del peso in eccesso, affidandosi però a poche sessioni di test, che per quanto impegnativi non possono essere paragonati alla gara vera. Ed il fatto di non avere sempre nascosto le proprie carte evitando gare come il Marocco o altre come le gare saudite di Hail, dove certi problemi forse sarebbero emersi subito. Anche perché nelle lunghe sessioni di test ci si è concentrati forse troppo su sabbia e calore, ovvero i problemi legati alla motorizzazione. Dalla paura del surriscaldamento, ma anche delle problematiche di consumo legate alla sabbia delle dune più soft, in grado di mandare in crisi la trazione elettrica che è molto più immediata ed automaticamente succhia una maggiore energia. A fine Dakar sia BRX che Toyota di sono dimostrate preoccupate per il futuro, ma gli equilibri regolamentari con la strozzatura della potenza di cui si lamentato Sainz a inizio gara sono sembrati azzeccati.