BASTA AI RALLY IN 48 ORE

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A fine anno generalmente vengono rielaborati, ed aggiornati, i regolamenti sportivi relativi ai vari campionati tricolori e di disciplina, dopo un lustro di rally costretti nella gabbia delle 48, sarebbe più che mai ora di dare un colpo di spugna ad un vincolo che aveva il suo perché in periodo di pandemia, ed oggi è un grosso freno per uscire dagli schemi.

La pandemia ha privato i rally tricolori di chilometri ma soprattutto li ha ingabbiati in format blindati, e tra questi regolamenti la norma che obbliga una gara dalla partenza all’arrivo a non andare oltre la durata di quarantotto ore. Una limitazione forte, soprattutto per quelle gare con l’ambizione di crescere, ed uscire dagli schemi cercando di forgiare le basi di un evento e non della solita gara standard, indipendentemente dai chilometri complessivi. Una gabbia anche per il CIAR, la massima serie tricolore, che oramai resta incollata al format deciso in quella stagione, con la sola eccezione del Roma Capitale, perché fa parte della serie continentale. L’ultimo a pagare dazio per questa regola è stato il Rally del Brunello, una gara costruita per diventare un evento, ma tra una notte inviolabile per le moderne (nei rally sulla terra) e l’imperativo di non sforare le 48 ore ha obbligato la direzione gara a fare i salti mortali per riuscire a restare nei tempi di una regola obsoleta e oramai inutile. Da quando abbiamo cominciato a scrollarci dalle spalle tutte le limitazioni imposte dalla pandemia, l’impressione è che sia mancata l’encomiabile prontezza dimostrata nel trovare risposte veloci, ed efficaci, all’emergenza del momento. Una delle poche nazioni a fare ripartire i rally nel vecchio continente e in tutto il globo nell’estate del 2020. Non è un caso che il WRC in quella stagione da dimenticare ha visto il suo calendario ridotto a soli sette eventi, tre dei quali disputati nei primi due mesi dell’anno quando l’emergenza sanitaria sembrava ristretta alla sola Cina. Mentre tra le altre quattro che hanno contribuito a salvare la stagione, ben due si sono disputate in Italia: Sardegna e Monza. Finita l’emergenza è mancata la capacità di ritornare ad aprire, difficile da dire se per la paura di tornare indietro e rischiare di intaccare equilibri commerciali che su dei format più contratti sono riusciti a trovare un po’ di fiato. Oppure se per non cedere parte quel controllo totale, dove per qualsiasi situazione si doveva richiedere delle deroghe, puntualmente negate. Accorpando i CRZ in alcune gare gli elenchi iscritti si sono allungati, ma con i tempi ristretti in troppe occasioni ci si è ritrovati con gare dove la testa mordeva la coda. Il risultati più di una volta sono stati ritardi abissali, pedane CIAR rinviate di due ore, chilometri ridotti ma con tagli al percorso ancora maggiori, a fronte di una diminuzione alla quale dovrebbe corrispondere la certezza di potere correre la gara nella sua integralità. Non certo andare di tempi imposti ad ogni minimo problema, perché l’unica risposta al rischio di sforare è un taglia e cuci continuo.

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