C’ERA UNA VOLTA L’ACROPOLI

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La nuova Euro versione 2017 dell’Acropoli, ridotta all’osso rispetto ai rally che hanno scritto la storia del mondiale, ha proposto un edizione durissima che dovrebbe fare riflettere giovani e meno giovani che invocano un ritorno al passato. In un presente dove le vetture performano molto a netto discapito della resistenza, con costi stellari nell’epoca dei falsi risparmi.  

Il caldo unito ad un percorso (ridotto rispetto al passato) di quelli veramente duri, non lontano da quando si correva su delle pietraie vere (peggio o meno peggio a seconda dalle piogge di primavera) a Lamia anche se si è molto lontani dalla Tarzan o dalla Bauxite, i fondi sono rivelati di quelli maledettamente duri quelli dell’Acropoli che fu. Quei lontani e nebulosi bei tempi quando si correva e basta e scocche, meccaniche, ecc.. non erano contingentate. Non che questo oggi cambia qualcosa per le squadre ufficiali, oggi come allora ripassare una scocca non era un problema è solo questione di falsi risparmi, ieri una scocca acropoli la vendevi e vai di nuovo, oggi non la si vende più vuoi l’economia vuoi i prezzi stellari che le case stesse propongono i loro usati, per cui si è arrivati su pressione alla contingentare il tutto. Il toccasana o se vogliamo un correttivo per contenere i costi in un periodo di ristrettezze. Ma nel caso di gare come l’Acropoli tra il produrre una scocca ex novo, ed il rimetterla a nuovo è difficile comprendere cosa costi realmente meno. La gara Ellenica ha messo in evidenza tutti i limiti delle nuove vetture, ed in particolare delle gruppo R; vetture performanti e relativamente economiche nella gestione ma che in condizioni limite dimostrano di pagare in robustezza un dazio pesantissimo alle obsolete gruppo A ed N. Vetture di vecchia generazione spazzate via dal nuovo che avanza, ma anche da una produzione di serie più limitata sulle sportive e con canoni ad anni luce di distanza dalla filosofia delle sportive orientali che hanno tenuto banco a cavallo tra gli anni 90 e 2000. A parte l’evidente impossibilità di spingere a fondo senza mandare a pezzi l’auto, anche per tenere un ritmo buono e nulla più si deve rigenerare alla grande dando fondo ai budget. E’ quindi difficile vedere un futuro roseo che vada a rimpolpare gli elenchi iscritti delle gare su terra, e purtroppo se si continuerà in questo senso le gare saranno sempre più sprint. Un utopia che si scontra contro una realtà durissima, dove poco conta se il calendario di gare ne ha 8 – 10 – 14 o 18. Ed il primo che ci ha sbattuto la faccia è come molti di noi un signore un pò datato che risponde al nome di Jean Todt, che appena preso lo scettro in mano promosse l’Argentina a laboratorio per riavere qualche gara vera. Tentativo che è affondato prima di prendere realmente corpo, d’altronde quest’anno oltre al plotoncino del WRC c’èra una gara nazionale che andava in parallelo con circa il 40% del chilometraggio del WRC. Ottanta partenti trenta e qualcuno all’arrivo è un risultato che si commenta da solo.  

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