Quando si parla di ibrido e quindi rally1, tantissimi sono gli appassionati e anche addetti ai lavori ad invocare un passo indietro, sulle rally2 o vetture similari. A scegliere questa strada per il futuro però sono stati proprio i tre costruttori oggi impegnati nel WRC, obbiettivo tenere alta l’asticella primo filtro alla concorrenza.
Dare contro a chi vorrebbe un passo indietro, e lo predica già dall’introduzione delle WRC Plus, è davvero difficile ma tra questa moltitudine di pareri le ragioni di molti si indeboliscono quando ci si aggrappa alla sicurezza o peggio ancora alla transizione ibrida. La sicurezza nonostante potenza e velocità, sulle WRC Plus e Rally1 non ha eguali. Invece in tema di decarbonizzazione e transizione ecologica non ci si può rifiutare di guardare andare avanti, in un mondo dove il prodotto sulle vetture sportive oramai propone il 50% di gamma in versione ibrida. Il problema è la filosofia tecnologica del WRC, diventata oramai esasperatamente prototipale, con telai impostati su una cellula di sicurezza uguale per tutti, un carissimo, quanto obsoleto kit ibrido per tutti, ed una motorizzazione esasperata, la stessa delle plus, completamente scollata dalla realtà del prodotto. Ma quando si è cominciato a pianificare il regolamento rally1, i tre costruttori attuali, o come ha detto Ben Sulayem due e mezzo (la Citroen era oramai già uscita di scena) sono stati loro a rifiutare come base di partenza la R5. Preferendo partire da una base WRC Plus, motivando la scelta con una continuità evolutiva per non ripartire da zero; una posizione sostenuta a gran voce da Toyota, ovvero la prima della classe. Conseguenza di quando la FIA alla fine del passato millennio ha mollato le redini, affidandosi al principio che gli attori protagonisti hanno voce in capitolo sui regolamenti tecnici, non solamente a livello consultivo. Questo ha contribuito a posizionare sempre più in alto l’asticella, aumentando quei costi per i quali spesso poi si piangono lacrime di coccodrillo. Partire da una base come le Plus e non le R5 ha significato conservare almeno in parte un vantaggio tecnico che per essere raggiunto richiede budget più importanti. Con buona pace di costruttori meno importanti, che non fanno parte dei grandi gruppi. Della serie la concorrenza fa bene, ma se non c’è è meglio, e comunque deve essere disposta a pagare lo stesso prezzo che ad esempio ha pagato Toyota Gazoo Racing per sbarcare nel WRC con la Plus nel 2017. Inoltre Toyota non aveva nemmeno una base di partenza visto che in Giappone si sta parlando di rally2 in maniera concreta solamente da qualche mese. Filosofia sposata anche da M-Sport, a Dovenby il budget piange, ma sin da subito ha prevalso l’idea di tenere alta l’asticella e basso il numero dei concorrenti, oltre ad una tendenza ad assecondare le pressioni politiche e del promotore. Non tenendo conto che la strada si allontanava sempre di più dal mercato di noleggi e dell’usato delle vecchie WRC, la vera fonte di introiti da quando la casa madre ha chiuso i rubinetti. L’unica squadra contraria almeno inizialmente è stata Hyundai, che aveva spinto verso motorizzazione e regolamento R5, ma senza mai puntare i piedi come se in quel momento i vertici del gruppo fossero interessati a decidere se andare avanti o meno nei rally, e molto meno a forzare la mano ai regolamenti e dare una loro visione del futuro.