GLI ESCLUSI DAL MONTE

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Il tre di gennaio venti venticinque l’ACM ufficializzerà la lista degli iscritti alla sua novantatreesima edizione, come negli anni passati le iscrizioni ricevute hanno superato ampiamente il numero massimo di settanta vetture, ed anche questa volta un nutrito plotoncino sarà costretto a restare al palo.

Anche questa volta nel principato si ripeterà l’impietoso rito di dovere lasciare fuori della gara gli equipaggi in eccedenza, ovviamente tra quelli non iscritti alla serie iridata (WRC), ed ai due campionati support (WRC2 e WRC3). Un’operazione passata spesso sotto traccia, ma l’anno passato ha fatto abbastanza rumore perché alcuni nomi eccellenti d’oltralpe come: Tom Pieri e Thibaut Poizot (piloti amatoriali ma molto amati dai fans francesi), avevano già pubblicizzato la loro partecipazione, senza fare i conti con la scure del numero chiuso. Una operazione molto impopolare ma con la quale in realtà il WRC odierno, o meglio gli organizzatori, sono costretti a fare i conti, a cominciare dai parchi assistenza dove il cahier des charges imposto dalla FIA è decisamente importante, dai metri a disposizione delle squadre ai servizi da fornire. Anche a questo proposito però è debito sottolineare che mettere nel mirino la federazione è il solito sparare sulla croce rossa, visto che da quando Cadringher aveva introdotto i percorsi a margherita, cambiamenti e richieste sono stati richieste, più spesso ricatti, dei costruttori e del promotore. Due attori del WRC che dagli anni duemila ad oggi, hanno letteralmente monopolizzato il pianeta rally e le relative commissioni FIA. Ma oltre al service park c’è anche il problema di tenere cucita una corsa costruita su uno stampo unico o quasi, con delle tempistiche abbastanza ferree dettate dalle live televisive e streaming. Se negli anni settanta, ottanta e novanta gli iscritti ad una gara mondiale rappresentavano un importante fetta del budget, oggi con i costi di una gara WRC schizzati alle stelle (dai due ai cinque milioni a seconda delle gare), venti o trenta vetture in meno corrispondono ad una percentuale irrisoria del budget. In questo particolare momento pensare di ritornare ai rally del passato millennio, con le stesse ricette è assurdo, sarebbe come negare che il mondo è cambiato. Nessuno nella vita di tutti i giorni, oggi, si comporta nemmeno lontanamente come negli anni ottanta. Ma anche da parte della FIA sarebbe il tempo di riprendere in mano i rally e decidere una direzione precisa, se un puntare sul numero chiuso, oppure pensare ad un inversione vera e al passo con i tempi, che di sicuro non sono le venti o più vetture lasciate a casa al Monte.

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