Alla fine della passata stagione nel faldone di proposte presentate al consiglio mondiale si era parlato di tornare a proporre eventi più lunghi, soprattutto per quelle gare con una lunga e blasonata storia; dall’altra a fare da contraltare della gare in versione accorciata. Di versioni short ne è andata in scena una, ma dal Monte era lecito attendersi qualcosina di più di venti chilometri addizionali.
Sul tavolo del consiglio mondiale di ottobre venti ventitré (dell’anno passato) nel faldone portato dal promotore e tutte le commissioni con rappresentanze varie, c’era la proposta di concedere la possibilità a quelle gare di pedigree che volessero proporre degli eventi più lunghi, in grado di rievocare almeno in parte blasone e storia, di costruire dei long event. Un’occasione lanciata facendo l’occhiolino a gare come il Montecarlo, Safari, Portogallo e Acropoli, ma se i tempi allora per il Monte e il Kenya erano decisamente corti, per il 2025 i tempi c’erano e ci sono ancora. Come tradizione il Montecarlo a luglio ha svelato i primi dettagli della prossima edizione, ma in realtà il format è rimasto quello classico delle ultime edizioni disputate con partenza ed arrivo nel principato e città di tappa Gap. Shake il mercoledì, una speciale in più il giovedì sera, due frazioni perfettamente bilanciate su Gap (con il classico formato tre per due) il venerdì e il sabato, ed una domenica con una frazione in linea che porta la carovana a Montecarlo con tre speciali. Due ripetizioni della tappa del giovedì by night e la power stage sul tracciato del Turini, speciale senza passaggi precedenti per potere prendere le misure in gara. Un rally molto più bilanciato, e senza più giornate con la sola assistenza finale, ed una ventina di chilometri in più che contribuiscono a dare maggiore equilibrio alle tappe aggiungendo e non sottraendo, ma anni luce dal concetto di long event. Dare un iniezione vera di chilometri, senza andare a recuperare l’edizione 2013 con i suoi quattrocento sessantotto chilometri, giocati comunque sempre su quattro giorni di gara, ma tentare qualcosa sui quattrocento sarebbe stato un bel segnale. La realtà è che parlare di long event fa molto figo, ma in realtà agli organizzatori costa a fronte di un ritorno economico intangibile. I costruttori sempre più spesso si presentano con due facce, esaltando i rally che furono; farcendo i loro discorsi sulle gare leggendarie e dell’abbraccio del pubblico; ma il peso economico di ogni chilometro in più li porta a piangere la miseria più nera. Come succede per le trasferte più complicate, o peggio quando la logistica della gara nega un service, oppure ti obbliga a uno spostamento. E sulla stessa lunghezza d’onda troviamo anche il Promoter, dai grandi propositi sino a quando non si trova a fare di conto con il broadcasting. Più che pessimismo, il nostro è un fare di conto con la realtà di un mondo che vive di vorrei ma non posso, e comunque anche chi come il Monte che ha lottato contro i mulini a vento per tanto tempo, per il momento non sembra avere intenzione di riprendere in mano quella spugna gettata a terra a metà degli anni dieci…….