IL SAFARI CHE VERRA’

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Il Safari, nella sua nuova versione WRC ha cominciato a fare discutere da parecchi mesi dividendo il club iridato in favorevoli e contrari tra chi vorrebbe una gara old stile ed una sul format attuale uniformata agli attuali standard di sicurezza.  

L’ingresso del Safari nel WRC 2020 ha avuto una storia decisamente complicata, l’iniziativa nasce un’paio di stagioni addietro con il supporto diretto del governo Keniota, che stanzia addirittura un budget da mondiale per sostenere i due anni di candidatura e mettere in piedi la macchina organizzativa ed il nuovo percorso. Il tutto con il benestare e la presenza del presidentissimo Jean Todt da sempre molto vicino agli uomini del Kenya. Lo scorso anno ad un certo punto con il Cile e Giappone che nicchiavano a chiudere l’accordo il contratto di promozione, lo stesso promoter tento di forzare la mano al governo di Nairobi che rispose picche, confermando le tempistiche prestabilite per il rientro. I primi dubbi sono nati nell’ispezione primaverile della FIA, che aveva giudicato il percorso non in linea con le aspettative, troppo lontana dall’icona leggendaria del Safari. Una posizione francamente difficile da comprendere, visto che la provenienza di queste critiche arriva da una parte della FIA che vigila sulla sicurezza e sa bene che anche in versione short il percorso Africano a fatica riesce a dare le garanzie minime, almeno quelle che qualcuno vorrebbe. Figuriamoci dando maggiore respiro al tracciato. In realtà tutte queste pressioni non sembrano avere prodotto terremoti, visto che il percorso 2019 a grandi linee è simile a quello del 2018, con un allungamento dei chilometri che crescono da 200 a 262, avvicinandosi agli standard del WRC. Appena terminata la gara è iniziata un’intensa trattativa promoter organizzazione e dopo un giorno di tira e molla è arrivata la firma su un contratto che ha permesso a Ciesla di rilasciare un apertura che (compatibilmente con l’OK finale della Federazione) non lasciava dubbi. Qualcuno però in quei momenti di silenzio ha ancora provato a mettere qualche bastone tra le ruote esprimendo perplessità su un percorso troppo duro. Una sorta di controsenso, se prima si osteggiava un percorso non in linea con il passato, sulla terribile sabbia vulcanica della Kedong che ha bloccato quasi tutti i concorrenti, con un secondo passaggio dove solamente due vetture sono riuscite a concludere la speciale senza aiuti esterni. La stessa polvere che in passato aveva mandato al tappeto Burns. Ma ci sono stati anche altri tratti dove la pioggia ha creato delle fangaie che hanno creato più di un grattacapo. Anche se annacquato lo spirito originario del Safari è questo, ed è questo lo spettacolo ed il fascino di questa gara, ora però sarebbe il caso qualcuno si chiarisse le idee su cosa si vuole dalla prova Africana che frequenta le stage della Great Rift Valley oramai da anni.      

 

 

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