La battaglia in strada è stata grande, ma i distinguo, le accuse e le scuse che abbiamo letto in giro (maledetti social) hanno creato un clima pesante. Per il secondo anno consecutivo si cerca di rovinare il finale dell’Italiano Junior. Una brutta pagina di sport perché se partiamo dai punti fermi: i chiodi c’erano, e i tempi di PS3 sono stati rettificati in base a prove oggettive.
I chiodi li ha denunciati Mattia Zanin, li ha confermati Davide Nicelli, li ha messi in dubbio Edoardo De Antoni: il primo ha presentato il reclamo che ha portato a tempi uguali per tutti nella terza prova, il secondo ha mostrato i fori dei chiodi, il terzo ha detto di non sapere come abbia forato. Tutti e tre, insieme al campione junior Alessandro Casella, hanno fatto un garone, beninteso. E, sempre beninteso, qui non interessa accusare o sposare la tesi di alcuno. Al di là dell’episodio (gravissimo) della terza prova, Zanin ha spiegato e rispiegato come più che la foratura su di lui abbia influito la paura di trovare ancora chiodi durante il sabato. I sostenitori della tesi negazionista (“i chiodi non esistono”) ironizzano, quelli della tesi accusatoria (“i chiodi esistono”) dicono che correre dopo una foratura così aumenta la tensione e la paura di tornare nella stessa situazione.
Lo dico subito, a scanso di equivoci: io Zanin lo conosco personalmente, c’è un rapporto di amicizia che va oltre le corse. Non credo però serva grande distacco per fare un paio di considerazioni, che ovvie dovrebbero essere eppure non sono. Anzitutto, non se ne può più. Non se ne può più dei chiodi, strumento ancestrale di chi vuole a tutti i costi diventare il protagonista della corsa. Quasi mai li mettono i piloti, ricordo: li mette di solito qualche fenomeno, magari per essere sicuro di poter far festa la sera col suo beniamino. Così però danneggia tutti, anche l’eventuale beneficiato, perché sulla vittoria resta un insopportabile e indelebile alone di sospetto. Poi, gli atteggiamenti e l’uso dei social: dopo una vittoria bisognerebbe congratularsi col vincitore, e non tutti l’hanno fatto. Molti si sentono defraudati, e umanamente li capisco. D’altra parte, si potrebbe anche staccare i social o almeno non usarli per attaccare gli avversari dopo la vittoria.
Tutto si riassume con un nuovo, incredibile episodio che va a discapito delle corse. Il clima è pessimo, gli equipaggi si guardano in cagnesco tanto che Nicelli ha abbandonato il podio di Verona prima dello spumante. Si continua con un rallismo disunito e anzi nemico, con post social al vetriolo, attacchi e difese scomposte, sospetti indicibili e gravissimi, tensioni aggravate dalla sempre presente discriminazione territoriale fra Nord e Sud. Insomma, un clima che neanche nel Texas della corsa all’oro. In tutto questo, manca una dichiarazione forte della Federazione: al netto della decisione importante presa dai commissari sportivi del Rally Due Valli, l’unica presa di posizione del presidente della Commissione rally Daniele Settimo è stata quella con cui si è congratulato con Casella per la vittoria dell’Italiano. Giustissimo, tanto più che Settimo è il delegato regionale siciliano. Ma una parola sui chiodi, quantomeno per condannare una condotta così gravemente lesiva dell’incolumità dei piloti?
Niccolò Budoia