Mancano pochi giorni al via dell’edizione 2020 dell’Africa Eco Race, la maratona Africana che si conclude a Dakar passando per Marocco e Mauritania, una gara durissima con una nutrita pattuglia tricolore tra le moto, mentre con le quattro ruote a tenere alta la bandiera Italiana c’è sempre Stefano Rossi al volante di un Patrol interamente rivisto.
L’Africa Eco Race con il suo fascino unico e inimitabile, quello che ha reso memorabile la Dakar delle origini ideata e voluta da Sabine, in pochi anni è diventata uno dei punti di riferimento della specialità polarizzando anche l’attenzione dei piloti di casa Italia. Una specialità che però nella nostra penisola attira principalmente il mondo delle due ruote, non a caso tra gli iscritti di questa edizione ci sono nomi di spicco come Alessandro Botturi (vincitore della passata edizione) e l’intramontabile Franco Picco. Con le quattro ruote i numeri sono molto più striminziti, ma nonostante il suo status di gentleman Stefano Rossi con la sua terza partecipazione consecutiva sta cominciando a ritagliarsi uno spazio tutto suo. Dopo la prima avventura targata 2018 con al fianco Eliwis Borsoi il driver aretino, compatibilmente con il suo status di gentleman e budget tutt’altro che faraonici e riuscito a fare un percorso tutto in crescendo. Ed in un’edizione che si annuncia molto dura, soprattutto per l’imponenza delle dune Mauritane che si andranno a scoprire quest’anno Stefano, con al suo fianco Alberto Marcon, si presenta al via di Montecarlo al volante del suo Nissan Patrol con la quale ha raggiunto Dakar nelle due precedenti edizioni. Un mezzo che però è stato rivisto interamente in base alle esperienze accumulate, ma anche in previsione delle maggiori difficoltà di questa edizione, ed in particolare salta subito all’occhio l’altezza da terra ed il lavoro sul fondo per essere pronto alle nuove ed imponenti dune della Mauritania. Un lavoro di sviluppo a tutto tondo che ha coinvolto anche la meccanica cercando di trasferire le esperienze fatte nelle edizioni passate, un lavoro di ricerca e sviluppo che ha coinvolto anche i partner come Veedol per migliorare i loro prodotti in situazioni estreme. Una sfida ancora più appassionante perché fatta da una struttura privatissima, ed amatoriale, che però dimostra che anche oggi è ancora possibile lavorare su una vettura da gara senza avere un costruttore, oppure strutture milionarie alle spalle.