L’affair Elena è partito da una richiesta, o se vogliamo una proposta della Prodrive al pilota Alsaziano. Ma se andiamo indietro di qualche mese quando alla Dakar i rallysti si erano persi, gli interessati (Sainz e Loeb in testa) hanno sparato a zero sull’organizzazione ma una frase di Seb che definisce questa Dakar “non da piloti ma da navigatori” lascia quantomeno perplessi.
Un’uscita tra le più infelici della Dakar 2021, l’intenzione non era quella di puntare il dito contro Daniel ma comunque va a sottolineare la secondarietà con la quale spesso viene visto il ruolo di chi siede sul sedile di destra. Nei raid il concetto della navigazione ha sempre avuto un ruolo centrale, che le Dakar sudamericane hanno annacquato, con percorsi e piste uniche nella loro bellezza, ma tendenzialmente più simili al concetto di prova speciale. Quelle piste che in Africa spesso mandavano al tappeto dei protagonisti di spicco, in passaggi trabocchetto, un aspetto che David Castera ha giustamente voluto riportare al centro della gara. Il fatto che però in queste trappole ci siano caduti quasi tutti i rallysti con Sainz in testa, da un’idea abbastanza chiara di come in una Dakar il concetto di navigazione deve appartenere ad entrambi i membri dell’equipaggio. Non a caso Peterhansel è riuscito a non inciampare in errori, lui la navigazione l’ha imparata quando si arrivava a Dakar e a cavallo di una moto dove non ci sono suggeritori. Un elemento importantissimo che lo porta a comprendere il momento di eventuale difficoltà di chi gli sta a fianco, ed a dargli il tempo per comprendere quale sia la giusta direzione, rallentando oppure fermandosi se necessario. Un esercizio che a chi proviene dai rally risulta particolarmente indigesto, abituati sulle speciali anche in caso il navigatore perda le note a spingere sempre e comunque. Ed in quella sfortunata frase ci sta una parte della distorsione con la quale viene interpretato il Cross Country da una parte dei protagonisti che non hanno forgiato le loro carriere tra le dune del deserto.