Troppo spesso quando si parla di giovani si decantano le virtù delle filiere Vikinghe oppure di quelle francesi, ma la presenza in Catalunya di Nil Solans sulla Hyundai i20 Coupé WRC lasciata libera da Loubet la dice lunga sulla capacità degli importatori iberici di interagire con le rispettive case madri.
L’infortunio di Pierre Louis Lobet travolto da un’auto a Parigi (frattura dell’anca), ha lasciato in Catalunya scoperto il sedile della Hyundai i20 WRC targata 2C Competition Hyundai. Come un fulmine a cielo sereno qualche ora fa è arrivato l’annuncio che sulla vettura di Alzenau gestita in dalla squadra francese siederà Nil Solans, il vincitore dello JWRC 2017, campione in carica di Spagna sulla terra. Un’autentica sorpresa visto che il ventinovenne ha disputato un 2021 nell’ERC al volante di una Fabia Evo, ottenendo prestazioni non particolarmente esaltanti con una quarta e una quinta (Polonia e Fafe) posizione alle quali però si contrappongono due uscite di strada (Roma e Azzorre). Un ruolino di marcia distante dalle strade del mondiale orami dal 2019, quando disputò tre gare a spot. Una scelta che ancora una volta mette l’accento su un ambiente dove si parla di sedili vacanti e auto semiufficiali, ma dietro a tutte queste realtà del mondo di mezzo sono gli euri oppure gli appoggi federali e delle filiali nazionali che intervengono con il loro peso e anche i loro budget. Per non mettere il dito in realtà come quella made in UK, che da un paio di stagioni si aggrappa solamente a chi porta qualche bombola di ossigeno. Il rally team Spain garantisce il suo appoggio a una serie di giovani interessanti, ma a fare la differenza sono gli appoggi degli importatori ed eventuali sponsor, le stesse situazioni che hanno aiutato Dani Sordo di allungare la sua carriera al limite dei quaranta. Nel caso del gruppo PSA la spagna ha sempre avuto un piede nella cabina di regia francese, ma comunque c’è una propensione ad investire nei rally perché il mondo dell’automobile iberica ci crede, ed il ritorno di immagine gli dà ragione. In Italia, ed in molti paesi Europei, questa cultura dell’immagine veicolata tramite lo sport, sembra oramai superata e questo ha indotto in molti l’idea che siano le federazioni a doversi sobbarcare certi carichi, un’equazione economica che da sola fatica a tenere la strada.