Il periodo pandemico ci aveva consegnato dei parchi assistenza blindati, volti a limitare i contatti per via del Covid-19. Oggi tutto ciò dovrebbe essere in parte superato, permettendo nuovamente agli appassionati di avvicinarsi ai proprio beniamini. Ma il Montecarlo appena trascorso, ci ha raccontato un’altra realtà.
Sono ormai passati alcuni giorni dalla prima tappa del WRC, andata in scena come da programma sulle strade monegasche. Una gara anomala, senza ghiaccio, senza neve e con un parco assistenza isolato, distante un centinaio di chilometri dalla maggior parte delle prove speciali. Un format non azzeccato, che negli ultimi due anni ha raccolto diversi malumori da parte del mondo delle corse in generale, acclamando a gran voce il ritorno di Gap come quartier generale della kermesse monegasca. Un ritorno, quello del capoluogo delle Alte Alpi, che è poi stato confermato nei giorni scorsi e che porterà con sé tante aspettative. Una su tutte è sicuramente quella relativa al parco assistenza, profondamente mutato nelle logistiche a causa della pandemia e che ancora oggi costringe gli spettatori nel migliore delle ipotesi a guardare i propri beniamini a diversi metri di distanza. Monaco ne è stato un esempio lampante, azzerando o quasi, il contatto tra i piloti e gli spettatori, privandoli della possibilità di una fotografia o di un semplice autografo. La situazione poi diventa ancora più complessa se prendiamo in esame le assistenze dei cosiddetti “privati”, dentro le quali, privi di pass, non vi era nessuna possibilità di accedervi.
Un problema da affrontare, dunque, visto che oggi il covid fa meno paura. Perché se è vero che da una parte per qualcuno possa anche andare bene così, dall’altra vi è la necessità di tornare ad avvicinare la gente a questo sport. Oggi più che mai.