In Catalunya dopo una lunga attesa debutta sul palcoscenico dei rally la nuova Polo R5 made in Hannover, il rally vero dovrà attendere ancora qualche ora ma nello shake down da una prima dimostrazione di forza mettendo tutti in fila.
Con tante novità e temi da affrontare era quasi inevitabile che in Catalunya i riflettori si accendessero già sui due chilometri dello shakedown, per trovare un appiglio o un segnale per potere dare una prima lettura a questa gara. Decisiva nella corsa all’iride. Tra i tre pretendenti al titolo qualcosina si è visto con Ogier che mostra i muscoli, uno scratch che non vuole dire molto, ma conoscendo Seb è facile immaginare che abbia spinto abbastanza forte per dare gli ultimi colpi di lima ad una Fiesta alla quale dovrà spremere tutto. Mentre Tanak si limita a fare il compitino, regolare e nulla più Neuville finisce subito gambe all’aria. Questo Neuville però non è quello psicologicamente fragile di dodici mesi addietro, l’errore è assolutamente veniale, una corda chiusa un pelino di troppo che fa da trampolino di lancio, ma la giravolta è di quelle a bassa velocità ed i danni sono minimi. Il problema per Thierry resta l’ordine di partenza della prima tappa, non crediamo questo episodio possa scalfire la sua attuale concentrazione, anzi potrebbe essere un elemento in grado di aumentarla. A dare un segnale significativo è monsieur Loeb che batte un bel quarto tempo. Mettere il nono sigillo Iberico per Seb resta un sogno e vincere sarà impresa ardua, ma è evidente che per quanto dura sia la lotta lui sarà della partita. Con tutte le riserve del caso visto che la gara è altra cosa, non si può certo catalogare lo shakedown delle due Polo R5 by Volkswagen come una semplice parentesi. Solberg e Camilli fermano i cronometri davanti al nutrito plotone delle WRC2, lasciandosi dietro le Skoda ufficiali con Kopecky e Rovanpera. Ma lasciando per un attimo da parte i tempi, che non essendo in gara potrebbero non costituire un riferimento preciso, il colpo d’occhio il segno lo ha lasciato il motore c’è e spinge alla grande ma l’assetto è impressionate un missile terra aria che tiene la vettura incollata al suolo anche nei passaggi più impegnativi. Il campione Norvegese e Camilli sembrano avere tra le mani un arma letale, un carico supplementare di responsabilità perché in trecento chilometri di speciali la componente umana conta più di ogni altro fattore.