Tanti sono stati i temi del Tuscan appena concluso ma quello più interessante è sicuramente quello di Alberto Battistolli, lasciando da parte il podio finale che è stato semplicemente una ciliegina sulla torta, vedere il suo progresso in un anno al volante di una trazione integrale è tanta roba soprattutto a ventitre anni.
Dopo qualche stagione nei rally storici dove papà Lucky è di casa, Alberto ha affrontato la sua prima gara vera su una R5 al Tuscan 2019 dopo un corso accelerato di una ventina di minuti al rally delle Marche, che si era tenuto qualche giorno prima. Una guida arrembante di chi agonisticamente è nato sui posteriori, ma che confermava quanto di buono diceva su di lui chi lo aveva visto in azione nello storico. La gara per lui si concluse in settima posizione, ad un minuto e quaranta secondi dalla testa della gara, un buon risultato che faceva intravedere un buon potenziale, della serie “se sono rose fioriranno”. Da quel Tuscan è passato appena un anno e di gare Alberto ne ha disputate sei (due di queste nell’ERC e una nel WRC), non molte ma abbastanza per permettergli di fare vedere sulle speciali del Tuscan quel lampo che attirato l’attenzione dando una prova tangibile che il potenziale c’è veramente. Il podio finale per chi legge tra le righe è semplicemente un di più, ad impressionare è stata la sua progressione rispetto all’anno passato, ma anche quella tra una prima boucle dove paga una ventina di secondi ai primi della classe, mentre nelle due tornate successive ne paga solamente dieci a botta. Alla vista ad impressionare è la sua guida arrembante, che però non è la stessa di un anno fa dove faceva scivolare la sua Fabia in lunghi traversi, oggi le sue linee sono decisamente efficaci anche se un pochino troppo abbondanti. Ma questa sua maniera di guidare vecchio stile, che lo ha obbligato a mettere le briglie al suo istinto, ed oggi richiede ancora qualche limatura, tra qualche tempo se avrà la possibilità di passare a vetture di una classe superiore, gli potrebbe tornare utile. Il panorama italiano in questi ultimi anni è stato molto avaro di talenti da mettere alla prova, ed i pochi casi emersi spesso hanno fallito il primo esame, ma dopo quanto ha fatto vedere può entrare a pieno diritto nel novero degli osservati speciali. Ventitré anni nell’epoca dei baby driver (generazione di cui fa parte anche Bulacia) possono sembrare tanti, ma forse sono l’età giusta per cominciare a costruire un cammino con coscienza, anche perché sbarcare nel WRC dei top (ovviamente dopo qualche stagione di apprendistato nelle serie cadette) a ventotto o trent’anni resta l’età ideale per avere la giusta maturazione sportiva e solidità mentale.