THE DAY AFTER

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Ieri è stato il giorno della bufera scatenata al seguito della decisione della commissione europea di confermare il 2035 come Euro dead line per la commercializzazione di automobili nuove con motore endotermico. Una decisione che ha spaccato la politica in molte nazioni europee e sta facendo seriamente di conto con i costi di una transizione ecologica a 360°.

La discussione sulla dead line del 2035 ai motori endotermici, dopo la ratifica al parlamento di Strasburgo non è più un feticcio, ed il suo valore di indicazione con la ratifica del sette giugno viene meno e si è ufficialmente messo in moto la pratica legislativa. Approvato anche il decreto battezzato «salva Motor Valley», una deroga al nuovo regolamento UE sulle emissioni per i piccoli produttori di auto e furgoni per prolungare al 2036 la dead line all’endotermico (per piccoli produttori si intendono volumi da mille a diecimila automobili l’anno e da mille a ventiduemila l’anno furgoni). La procedura è dunque avviata, ma il suo iter completo è lungo e complesso, ed ora la palla passerà ai vari parlamenti nazionali dove la discussione si annuncia non solamente in Italia infuocata. Gli schieramenti in questo momento si stanno spaccando, su un colpo di acceleratore che rischia di creare danni all’intero sistema industriale diretto e del suo indotto, senza contare una rete infrastrutturale al limite dell’inesistente che difficilmente si riuscirà ad attivare in poco più di una decina di anni. Con la politica che si sta spaccando in maniera abbastanza trasversale, le prime dichiarazioni pubbliche delle case costruttrici abbastanza soft, solleva una marea di punti interrogativi il silenzio assordante dei club automobilistici. Non stiamo parlando solamente della nostra ACI ma anche di tutti quelli europei; dagli ADAC tedeschi alle ASA francesi, con in testa la FIA un’altra opportunità per una presidenza non europea per aprire una discussione globale su una transizione che definire a due velocità è riduttivo, ed in Europa si è innescata una corsa che sembra essersi dimenticata che sostenibilità ambientale ed economica devono viaggiare in equilibrio, altrimenti i danni sono superiori ai benefici.

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