UN ITALIA INGESSATA

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In questo finale di stagione sono emersi molti dei limiti di un panorama rally nazionale ingessato sui format e su delle regole assurde come la notte nelle gare su terra, le gare concentrate in un certo numero di ore, e tante regole e norme dove per svincolarsi bisogna andare in deroga, suppliche quasi sempre cassate tranne in rare occasioni.

Oramai la pandemia è alle spalle da parecchi anni, ma quella valangata di restrizioni adottate per potere riprendere l’attività agonistica assieme agli altri sport, continuiamo a trascinarle di stagione in stagione con una federazione che sembra avere paura a liberarsene. Lasciando da parte il discorso chilometri dove abbiamo assistito alla politica di un passo avanti ed uno indietro, tenendo però stretta la forbice tra minimi e massimi. Come se in un mondo dove a farla da padrone è il noleggio, con i relativi tariffari a chilometro, la lunghezza delle gare la fissa il mercato, ed a questo si adeguano gli organizzatori perché senza iscritti non si va da nessuna parte. Il vincolo più ingessato è quello di un format sempre più orientato a pestarsi i piedi, con l’intero evento condensato in 48 ore (per le serie maggiori), due aspetti che normare in maniera così stretta è un non senso, perché azzera qualsiasi iniziativa e per fare qualcosa di differente bisogna domandare sempre una deroga. Per non parlare delle regolamentazioni sui service anche questa abbastanza standardizzata, dove si passa da un abuso di assistenza ad avere un solo parco a gara, con i remote considerati nocivi come la peste si tratti di montare una gomma oppure di mettere i fari supplementari. Parlando di fari si entra nel delicato argomento notte, vietata sulla terra e tollerata a fatica sull’asfalto, la scusa è quella della sicurezza, ma in nome di quella assoluta bisognerebbe non uscire di casa, figuriamoci correre in macchina. Sulla terra in particolare fa sorridere le differenti interpretazione tra chi gestisce le moderne e chi le storiche, ma lo stesso vale anche per i chilometraggi dove la forbice è molto più ampia. Nessuno pretende un liberi tutti, ma tornare al periodo pre pandemia sarebbe la cosa più sensata, l’idea di volere normare tutto imbriglia la disciplina e stoppa chi ha voglia di fare, a discapito della meritocrazia. A tale proposito se possiamo relativamente comprendere l’imporre un certo standard per una determinata serie, tarpare le ali a chi al di fuori della massima serie vorrebbe fare qualche chilometro in più, oppure utilizzare speciali lunghe o by night, impedirlo perché non si può superare quello che ci consente il CIAR è quanto di più sbagliato.       

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