La scelta di lasciare l’ibrido, con una decisione last minute, ha raccolto il favore di un grande numero di fans, motivata quasi esclusivamente per una contrarietà personale all’ibrido. La decisione però rischia di essere un pericoloso boomerang per la già ridotta attrattività nei confronti del mondo delle case costruttrici.
Il WRC degli ultimi dieci, quindici anni, a livello immagine e promozione ha visto una certa stabilità prima con la Red Bull Media House e poi con la sua emanazione WRC Promoter; ma l’unico scatto di qualità vero è stato quello che si è registrato negli anni di Oliver Ciesla. In questi ultimi anni a prevalere nelle discussioni sul WRC sono i costi esorbitanti delle auto, ma in realtà i budget sono sempre relativi all’immagine, ed al ritorno mediatico della specialità. Con la partenza di Ciesla e soprattutto negli anni del Covid, la situazione è rimasta immobile, e se prima sia pure con il fiatone ci si stava muovendo sulla giusta strada, oggi i rally sono entrati in una fase comunicativa in caduta libera. Come se questo non bastasse le ultime due generazioni di vetture: plus e rally1 si sono discostate in maniera sempre più importante dall’immaginario della produzione, allontanando ancora di più l’idea di uno sport legato al mondo della produzione sportiva, ma di qualcosa esclusivamente legato alla competizione fine a se stessa. I regolamenti tecnici negli ultimi anni hanno lasciato profondamente a desiderare, troppe scelte avventate, ed in ritardo sui tempi. Il colpo di spugna dato all’ibrido a due mesi dal Montecarlo, cambiando così le carte in tavola, da una parte ha dato una speranza ai malati inguaribili dei rally di recuperare, anche se non a breve, qualche costruttore. Un regolamento cambiato in corso d’opera, “in barba a tutti i principi di stabilità” è però quanto di più controproducente. Un elemento che indipendentemente dal calmierare i costi, e giusta o meno che sia l’eliminazione dell’ibrido, a questo punto lascerà sicuramente strascichi negativi. Amplificando la percezione di una disciplina dove investire soldi e immagine è molto rischiosa. Andando a caccia dei retroscena di questo balletto, appare chiaro che non si tratta di una decisione presa dalla FIA mediata con i protagonisti, quello che sarebbe stato questa primavera. Oggi è chiara l’imposizione dei costruttori, attualmente impegnati nei rally, con la federazione passiva nel subire. Entrare in una serie dove le regole sono nelle mani dei tre attori presenti, e quindi la concorrenza, è un deterrente per qualsiasi casa interessata al pianeta motorsport, che ha una vasta proposta e non solamente i rally.