Il Montecarlo ha alzato l’oramai tradizionale polverone per i suoi 75 iscritti, ed ora è toccato all’elenco dello Sweden con 52 equipaggi, ciclicamente si è torna a tirare in ballo la fine dei rally, ma in realtà il fenomeno va avanti dall’inizio del nuovo millennio, una ventina di anni dove tra qualche rara oscillazione (in più o in meno) i numeri sono sempre questi.
Oramai ciclicamente il coro social ci ripropone l’apocalisse e la fine dei rally, in particolare del mondiale, oggi diventato per tutti WRC. Un acronimo digerito da tutti, mentre tutt’altra storia è quella del numero degli iscritti. Sarcasticamente potremmo affermare si tratta di una agonia molto lenta, perché questa paventata fine si fa attendere oramai da circa venticinque anni. Dimentichiamoci per un attimo che il Montecarlo da qualche anno ha applicato un tetto al numero delle iscrizioni (bloccato in queste ultime due stagioni a 75 equipaggi), lasciando fuori almeno quindici venti vetture, che però sono ben poca cosa al confronto dei duecento degli anni ottanta. Tanto per semplificare le cose abbiamo fatto un salto indietro di dieci anni alla volta per Montecarlo e Svezia per renderci rapidamente conto del momento nel quale avviene il cambiamento, ed in parte i suoi perché. Nel 2013 gli iscritti del Monte erano 73 e 43 quelli dello Sweden, in linea con il 2003 che ne contava 50 e 75. Il 1993 mette in evidenza la transizione dal primo ventennio del mondiale con 167 vetture nel principato e 109 a Karlstad. Nel 1983 nell’epoca eroica dei primi gruppi B a trazione integrale, la musica cambia decisamente con 249 e 137 vetture, in linea con quella di dieci anni prima (1973) quando nasceva il mondiale rally e gli iscritti erano 278 e 136. Il cambiamento di filosofia arriva negli anni novanta, ed è quasi un passaggio obbligato vista le esigenza di tenere legata la corsa in una viabilità sempre più regolamentata. Dall’altra ci sono i costi sempre più importanti delle vetture, e quelli delle gare, che inevitabilmente contribuiscono a dare una sforbiciata agli iscritti. Cambia anche la comunicazione e con l’arrivo di un promotore, cominciano ad aumentare i costi per gli eventi e gli elenchi iscritti con il passare degli anni rappresentano una fonte di introito sempre più marginale a confronto del budget complessivo. Ed automaticamente gli organizzatori sono meno incetivati ad avere tanti iscritti (a volte troppi almeno in passato). Aumenti che con il tempo hanno sbilanciato in maniera importante anche l’equazione per i concorrenti tra i budget, ed il fregiarsi di una partecipazione ad una gara del WRC; una delle ragioni principali che hanno portato i rally internazionali e quelli nazionali titolati, alla drastica riduzione dei partecipanti. Cambiamenti sui quali si può essere d’accordo o meno, ma se da una parte sono causa dalle scelte prese, molte di queste sono la conseguenza di come è cambiato il mondo. Invocare la fine del mondo (nello specifico dei rally) ad ogni edizione serve a poco, e tanto meno corrisponde a realtà perché dai primi anni 2000 le cose vanno avanti così, in maniera stabile.