La gara Belga è uno di quegli eventi che si è guadagnato un posto in prima fila nella leggenda dei rally, una storia degna del mondiale ma sempre a margine senza chance di poterci entrare, una condizione che ha preservato Ypres in una sorta di bolla nel tempo esplosa in maniera impietosa nelle due edizioni WRC.
Spesso in passato abbiamo criticato lo streaming del Promotore perché come tutte le ricette che si affidano esclusivamente al Web, faticano a bucare quella ristretta cerchia di appassionati, una formula lontanissima dalla capacità di avvicinarsi al grande pubblico. Elemento che può e deve fare parte della comunicazione del WRC, ma che non può essere l’asse portante dell’intera comunicazione. Ypres in queste due edizioni ha avuto la capacità di aprirci gli occhi sulla mancata capacità dei rally del nuovo millennio ad aprirsi ad un pubblico (quello reale dei campi gara) più vasto e non quello stretto degli appassionati. Un aspetto che è quasi impossibile leggere se non si è vissuto di persona una o più edizioni a cavallo degli anni ottanta novanta. Allora le assistenze inseguivano la gara e non esistevano zone service, ma la piazza del mercato dove oggi troviamo i service delle tre squadre ufficiali (e degli altri), allora era piena di hospitality di squadre, partner e sponsor; autentici castelli che troneggiavano all’interno di una delle più affascinanti piazze del Belgio. Un punto di incontro nel pre e fine gara, ma dove la vita non mancava nemmeno nelle giornate di gara dove i protagonisti convergevano in piazza per riordino e per il parco chiuso notturno. Da allora sono passati trenta, quarant’anni ma la filosofia della gara è rimane molto simile ai rally di oggi, con un percorso a margherita che si sviluppava attorno a Ypres, dove faceva ritorno tutte le sere. Anche se non c’era l’area service la piazza era una sorta di Village, il cuore pulsante della gara con delle reception simili ai castelli delle squadre ufficiali, indimenticabili truck e bus di dei tabaccai: Bastos e Belga. Da allora la differenza che salta agli occhi è solamente una, il deserto più totale dal quale Julian Porter e Kiri Bloore commentano la gara dalla piazza centrale di Ypres in mezzo alle assistenze. Una piazza blindata dove a dominare sono le transenne, impossibile accedere senza un pass, una sorta di campo di prigionia dove il pubblico occasionale può solo guardare da lontano. Nella piazza di Ypres di una volta tutti potevano vivere l’evento, in mezzo ad addetti ai lavori ed appassionati, ed erano addirittura maggiori le possibilità di incrociare i protagonisti. Un evento con la “E” maiuscola, quello che una città e la gente vive sentendosi parte di quell’evento, anche senza essere un appassionato di rally. Oggi invece il WRC e le sue cattedrali sono un corpo esterno inaccessibile, che si bea del pubblico quando presente, ma che infastidisce se non è tenuto a distanza. Service e Village oggi sono un corpo esterno ad altissimo rischio rigetto, che creano scompiglio nel cuore della città, senza la capacità di fondersi e diventarne parte.